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Intervista del Sottosegretario Ivan Scalfarotto al quotidiano “Politika”

Durante la sua visita a Belgrado, il Sottosegretario agli Affari Esteri On. Ivan Scalfarotto ha rilasciato un’intervista al quotidiano “Politika”, L’allargamento dell’UE non è un favore ai Balcani. Leggi qui per l’intervista integrale:

 

Visto che il nuovo governo serbo ha la maggioranza assoluta in Parlamento e che tutti i membri del Parlamento sono a favore dell’adesione della Serbia all’UE, parlando con la PM Ana Brnabic ho detto che il Governo ha l’occasione di mandare segnali chiari all’UE mostrando di essere pronto a portare avanti riforme ambiziose e compierle veramente. Noi sosteniamo fortemente il percorso europeo della Serbia e non pensiamo che l’allargamento sia una specie di favore fatto a questi Paesi. L’allargamento europeo alla Serbia e ad altri Paesi nella regione è nell’interesse reciproco di questi Paesi e dell’UE, afferma in un colloquio per Politika Ivan Scalfarotto, Vice Ministro degli Esteri italiano. Il nostro interlocutore sottolinea di non aver voluto cancellare la visita anche se era complicato arrivare a causa della raccomandazione del governo italiano di limitare al massimo i viaggi in questo periodo di pandemia. Questo, aggiunge, è un’altra conferma di quanto per l’Italia siano importanti i rapporti con la Serbia.

Di che cosa ha discusso con la Premier?

Nella riunione ho confermato quanto per noi è importante il rapporto con la Serbia e in generale con l’Europa sud-orientale, espressione che preferisco a quella, forse più utilizzata, di “Balcani occidentali”. È per noi un onore, in quanto mi pare che siamo il primo Stato che ha mandato un membro del governo ad incontrare il nuovo governo serbo congratulandosi per l’elezione. Noi con la Serbia non abbiamo un confine fisico, ma la percepiamo come un Paese vicino visto che le relazioni che abbiamo, storiche, culturali, sociali sono estremamente forti. Volevo venire qui e confermare un’altra volta quanto questi rapporti sono importanti e quanto per l’Italia è importante il percorso di integrazione europea della Serbia e dell’Europa sud-orientale.

La storia ci ha insegnato е ci sta insegnando, anche negli ultimi decenni, che non ci può essere un’Europa stabile pacifica e prospera se non abbiamo un’Europa sud-orientale stabile, pacifica e prospera. Per questo riteniamo che l’allargamento dell’UE alla Serbia e alla Regione sia un processo irreversibile che è nell’interesse sia dei Paesi della Regione sia dell’UE.

Ho detto alla Premier che sembra esistere una specie di circolo vizioso perché’ qui talvolta sembra che l’Europa sia scettica nei confronti della Serbia, che non ha piena fiducia in ciò che sta facendo. E certamente, quando qui si pensa che l’Europa ha un’opinione del genere, c’è una demotivazione presso la gente, le riforme cominciano a rallentare e dopo veramente non c’è così tanta fiducia, questo è un circolo vizioso. Però quando le riforme vanno avanti come programmato, ciò porta a una maggiore fiducia.

Qui è un po’ diverso rispetto ad altrove perché’ la Serbia ha anche una condizione politica: soluzione della questione kosovara e non tutto si riferisce solo alle riforme.

È una delle cose da fare. Ma nell’elenco delle riforme che vanno fatte ci sono anche altre cose, come lo stato di diritto, lotta alla corruzione, ecc. Ora abbiamo un Parlamento dove la maggioranza è l’intero Parlamento, essa non avrà alcun ostacolo per compiere le riforme filo-europee. Dall’altra parte, questa composizione del Parlamento costituisce anche una sfida alla Serbia per ciò che occorre fare. Un Parlamento senza opposizione rischia di essere meno rappresentativo. Il Presidente Vucic ha detto che le elezioni ci saranno nel 2022 e, fino a quel momento, il Governo ha anche la sfida di riuscire a coinvolgere nuovamente tutte le forze politiche affinché si possa tornare, alle prossime elezioni, a un Parlamento rappresentativo di tutti i cittadini della Serbia.

Come la Serbia e l’Italia possono aiutarsi in questa situazione quando l’umanità sta affrontando una delle più grandi crisi degli ultimi decenni?

Vorrei approfittare di questa intervista per ringraziare infinitamente il governo serbo per l’aiuto che ci hanno mandato ad aprile quando ben sette aerei con materiale sanitario sono partiti da Belgrado per Roma. In quella occasione la Ministra per l’Integrazione europea Jadranka Joksimovic è andata con uno di questi aerei a Roma per consegnare personalmente il materiale sanitario. Questo aiuto della Serbia per noi non ha avuto solo un valore materiale ma anche sentimentale. L’Ambasciatore mi ha detto che in quel periodo, quando la crisi in Italia è stata ai massimi livelli, molte persone hanno mandato dei messaggi di affetto all’Italia per uscire dalla crisi.

Il legame che esiste tra i nostri due Paesi non è solo un buon legame politico ed economico, è un legame veramente amichevole che viene dal cuore. Noi abbiamo risposto in un modo simile quando a agosto abbiamo inviato in Serbia un nostro team medico nella lotta contro il COVID in un momento in cui qui c’era il picco dell’epidemia. Quindi abbiamo già dimostrato come possiamo aiutarci tra di noi.

Vorrei aggiungere qui che possiamo aiutarci anche attraverso i nostri rapporti economici visto che non solo i nostri due Paesi ma anche il mondo intero affronterà una grande crisi economica dopo la pandemia. Essa può essere superata anche con rapporti economici buoni e solidi, e noi li abbiamo. L’Italia è il secondo partner commerciale della Serbia. Ci sono circa 1600 aziende con una partecipazione di capitale italiano, di cui 600 sono completamente italiane. Fanno lavorare circa 39.000 persone e partecipano al PIL della Serbia con il 5,4%.

L’Italia è il primo Paese che all’inizio degli anni 2000 è arrivata in Serbia e ha cominciato ad investire, quando gli altri Paesi esitavano a farlo. Siamo stati lungimiranti e oggi vediamo i ritorni positivi di quella decisione.

L’Italia teme una catastrofe economica a causa della pandemia?

L’economica italiana è forte, con fondamenta solide e buone. Siamo tra i primi 10 Paesi al mondo sia per livello delle nostre esportazioni che per il surplus della bilancia commerciale. Però oggi c’è il blocco di molte industrie, tante conseguenze negative per il turismo che da noi rappresenta il 13 per cento del PIL. L’UE ci ha aiutato nell’affrontare questo problema e questo è stato un passo storico. Per la prima volta in Europa è stato stabilito un meccanismo grazie al quale, nell’UE, ci stiamo finanziando sui mercati non come singoli stati ma come un’entità unica e questo naturalmente è una opzione molto vantaggiosa in quanto si tratta di un mercato di 500 milioni di abitanti. Noi, con l’aiuto dell’UE, abbiamo tutti i mezzi per rinnovare l’economia e risolvere il problema della liquidità.

Voi siete tra i Paesi che hanno avuto maggior numero di contagi, avete introdotto misure restrittive e avete dovuto affrontare le proteste dei cittadini.

Non vorrei fare una graduatoria su chi è più a rischio in quanto la curva epidemiologica si sviluppa più o meno allo stesso modo dappertutto. L’Italia in primavera è stato il primo Paese UE ad affrontare il COVID 19. Già a quei tempi all’inizio di marzo abbiamo avuto numeri estremamente alti, mentre in Gran Bretagna e in Francia si faceva una vita normale: in Francia ci sono state le elezioni il 15 marzo mentre in GB dicevano che la ricetta nella lotta contro il COVID non era il lockdown ma raggiungere l’immunità di gregge. Poi la curva dell’infezione è stata simile alla nostra anche in quei due Paesi.

È molto importante adottare anche delle misure restrittive per tenere sotto controllo la curva epidemiologica, visto che il virus è molto contagioso e che si diffonde velocemente. È più una questione di tempo e di quando qualcosa succederà, piuttosto che una questione di numeri e di quanto essi sono alti.

Per quanto riguarda i cittadini italiani, essi sono assolutamente coscienti di quello che sta succedendo. Siamo stati il primo Paese che ha introdotto misure restrittive e queste misure sono state veramente rispettate dai cittadini. È stato ovviamente uno stress per l’intero Paese. Ci troviamo nella seconda ondata, come anche in tutto il mondo. Certi sacrifici ci sono la libertà personale, contatti sociali, la possibilità di svago, di stare bene, e dobbiamo anche affrontare le conseguenze economiche. Ci sono state proteste in alcune città. Ci sono indizi di un coinvolgimento di persone che non volevano protestare proprio contro le misure epidemiologiche ma che protestavano per altre ragioni forse anche legate alle posizioni politiche estremiste. Ma questo è successo solo in alcune località e le forze dell’ordine sono riuscite a gestire la cosa con la consueta professionalità.

Trafiletto

Quello che abbiamo notato è che il funzionario italiano aveva due orologi. Uno su un braccio e uno sull’altro. Quando gli abbiamo domandato perché, ci ha spiegato che uno è un ricordo di 15 anni fa a cui è affezionato e che l’altro è uno smartwatch “che fa tante altre cose!”.