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Intervista dell’Ambasciatore Lo Cascio su “Blic”

 

lo cascio blic

 

L’Ambasciatore Carlo Lo Cascio per “Blic”: Il posto della Serbia è in Europa, abbiate fede nell’UE”

L’Ambasciatore Carlo Lo Cascio ha dichiarato per “Blic” che l’Italia auspica che la maggioranza e l’opposizione arrivino al consenso per quanto riguarda le elezioni parlamentari in primavera. Lo Cascio ha detto inoltre che la rinuncia di aprire i negoziati con la Macedonia del Nord e l’Albania è un errore grave e un messaggio negativo per i Balcani Occidentali.

Qual è la posizione italiana sulla decisione del Consiglio europeo di non aprire i negoziati di adesione con la Macedonia del Nord e l’Albania?

Per noi, si è trattato di un errore molto grave al quale dovremo presto porre rimedio. Come ha detto il Presidente del Consiglio Conte, continueremo a lavorare nelle istituzioni UE perché si creino le condizioni giuste per arrivare presto a una decisione positiva sull’apertura dei negoziati di adesione con Macedonia del Nord e Albania. Abbiamo chiesto ad entrambi i Paesi riforme coraggiose e decisioni difficili, è comprensibile che ci sia un percorso chiaro. A nostro avviso, era – ed è – giusto premiare Skopje e dare un incoraggiamento a Tirana per proseguire il complesso processo di riforma. Al tempo stesso, si tratta di dare un segnale positivo anche a Serbia e Montenegro che hanno già da tempo aperto i negoziati di adesione e, più in generale, all’intera regione balcanica sulla perdurante vitalità della prospettiva europea.

Su questo tema l’Italia ha sempre avuto una posizione assai coerente. All’inizio degli anni 2000, siamo stati fra i primi Paesi, se non il primo in assoluto, a parlare di prospettiva europea per la Serbia e per i Balcani, quando molti esitavano a farlo. Credo che, ancora oggi, la visione lungimirante dell’Italia sul ruolo della regione e sul suo futuro nell’UE rimanga una proposta quanto mai valida, nonostante le numerose difficoltà con cui dobbiamo tutti confrontarci oggigiorno. Non intendiamo deflettere da questa posizione di principio che riteniamo tuttora fondata. Su impulso italiano, il tema dell’allargamento verrà discusso al Consiglio Affari Generali del 19 novembre.

L’impegno personale del Presidente del Consiglio Conte su questo dossier è la migliore conferma della nostra costante attenzione per la regione balcanica: il Presidente Conte è stato l’unico capo di governo UE a essere stato a Belgrado e Tirana quest’anno e nei giorni scorsi, dopo la decisione del Consiglio Europeo, ha invitato a Roma prima il PM macedone Zaev e subito dopo il PM albanese Rama. Subito dopo, il Presidente macedone Pendarovski è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica Matterella al Quirinale. Nel momento più difficile, è importante incoraggiare i Paesi della regione a proseguire gli sforzi intrapresi e non far mancare il nostro sostegno. Per questo, seguiamo con interesse ed attenzione l’iniziativa che il Presidente Vucic ha lanciato proprio con Zaev e Rama a Novi Sad. Siamo convinti che una più stretta cooperazione tra i Paesi della regione sia una premessa indispensabile per superare le logiche del passato e creare una comunione di obiettivi ed interessi, per migliorare le condizioni di vita dei cittadini, da ogni punto di vista.

I messaggi che in merito arrivano da Parigi non sono sempre incoraggianti. La prospettiva europea della Serbia è messa a repentaglio?

Siamo consapevoli che il negoziato di adesione è un processo lungo, complesso e laborioso, ma siamo convinti che né per noi europei, né per i Paesi della regione – a cominciare dalla Serbia – vi siano valide alternative al percorso di integrazione nell’UE. Per l’Italia, il posto della Serbia e dei Balcani è nell’UE! Deve trattarsi di uno sforzo congiunto: i Paesi candidati o potenziali candidati devono portare avanti i processi di riforma per adeguarsi agli standard comunitari e per allinearsi alle politiche dell’UE nei vari settori, a noi spetta fare la nostra parte al momento giusto, dando i dovuti riconoscimenti a chi ha ottenuto i risultati attesi. Se manca il primo, fondamentale punto, non può esserci evidentemente il secondo. Ma, di fronte ai risultati ottenuti dai candidati, non possiamo venir meno ai nostri impegni. Ne andrebbe della credibilità della nostra azione.

Certo, si può discutere di rivedere le modalità del processo negoziale ma ciò non deve trasformarsi, a nostro avviso, in un pretesto per rinviare sine die il processo di adesione di nuovi membri. Da parte italiana non intendiamo nasconderci dietro giri di parole né far ricorso a formule per improbabili soluzioni a metà strada. Per questo, torneremo a parlare di allargamento in ogni occasione a Bruxelles e già il mese prossimo il Ministro degli Affari Europei Amendola sarà a Belgrado per incontrare le autorità serbe. Per noi è importante ribadire che la Serbia è e resta un Paese candidato che ha già ben avviato il negoziato di adesione all’UE, un vero “front-runner”. C’è ancora molto da fare e ci attendiamo quindi che il Governo prosegua con ancora maggiore determinazione le riforme necessarie in tutti i settori previsti dal negoziato, a cominciare da quelle nell’ambito dello stato di diritto.

Come commenta i progressi serbi nel negoziato per l’adesione all’UE, soprattutto nei capitoli 23 e 24? Possiamo contare sull’apertura di nuovi capitoli fino alla fine del 2019?

Abbiamo apprezzato il lavoro sin qui fatto, a livello tecnico, da parte serba. I 17 capitoli aperti e gli altri già pronti per l’apertura sono una conferma della capacità serba di poter affrontare con successo il negoziato. Siamo già a metà del percorso per quanto riguarda l’apertura dei capitoli. Condividiamo le preoccupazioni dei nostri partner europei per i ritardi di alcune importanti riforme o per l’assenza di progressi nel Dialogo Belgrado-Pristina. È vero, non sempre le cose sono andate come auspicavamo, ma aprire nuovi capitoli significa, dal nostro punto di vista, permettere alla Serbia di fare ancora di più, di lavorare di più, di mettere mano ad altre riforme. Quindi, come Italia, siamo favorevoli all’apertura di nuovi capitoli negoziali per Belgrado. Quanto alla loro chiusura, e quindi alla velocità dell’intero processo, è chiaro che ciò dipenderà dalle riforme che la Serbia porterà a termine e dalla loro qualità. Come dicevo, molto è stato fatto (in particolare in economia) e molto resta ancora da fare, soprattutto nel fondamentale settore dello stato di diritto: indipendenza della magistratura, media freedom e lotta alla corruzione, per fare alcuni esempi importanti. Più si fa, e bene, meglio è.

Qual è il ruolo dell’Italia nei Balcani?

Per l’Italia, i Balcani rimangono un’area d’interesse prioritario: abbiamo ottimi rapporti con tutti i Paesi della regione; siamo quasi dappertutto il primo o il secondo partner commerciale; abbiamo anche responsabilità operative importanti con il comando di KFOR, che deteniamo da sei anni, grazie al quale diamo un contributo fondamentale alla stabilità dei Balcani, stabilità che è la premessa indispensabile per portare sviluppo e prosperità in una regione che continua a guardare all’UE come suo naturale approdo dopo decenni di tragici conflitti e tensioni irrisolte.

Il nostro obiettivo è portare la Serbia e gli altri Paesi dei Balcani il più vicino possibile a Bruxelles, sino ad arrivare – a tempo debito – all’adesione all’UE. Si tratta di un obiettivo strategico condiviso per il quale dobbiamo lavorare tutti insieme, Paesi membri, Paesi canditati e potenziali candidati della regione. Vedo che, nonostante tutto, le percentuali di coloro che in Serbia sono favorevoli all’ingresso nell’UE rimangono incoraggianti. Dobbiamo cogliere ogni occasione per ricordare che, dati alla mano, l’UE è il primo investitore, il primo partner commerciale e il primo donatore della Serbia. Dal nostro punto di vista, questa è la migliore premessa per continuare a sostenere con convinzione – come l’Italia fa – il percorso europeo di Belgrado. Come ha affermato recentemente il Presidente Conte, “l’Europa non sarà realmente unita senza l’ingresso dei Paesi dei Balcani”.

Come vede l’Italia i prossimi passi del Dialogo tra Belgrado e Pristina? Quali potrebbero essere le possibili soluzioni considerando che i dazi sono ancora in vigore?

Adesso è importante che le due parti possano tornare presto al tavolo del negoziato. Ci attendiamo che il nuovo Governo a Pristina, una volta insediatosi, ponga subito in essere comportamenti coerenti con lo spirito del Dialogo, a cominciare dall’abolizione dei dazi.

Siamo certi che Belgrado, da parte sua, saprà dare un contributo costruttivo alla ripresa delle trattative, lavorando per creare un rapporto di fiducia tra le parti ai fini del raggiungimento di una soluzione di compromesso. La normalizzazione delle rispettive relazioni rappresenta del resto una tappa essenziale del processo di adesione della Serbia all’UE.

Lo status quo non è sostenibile. Per noi è importante che Belgrado e Pristina riprendano appena possibile le trattative ed esplorino tutti i margini negoziali a loro disposizione per giungere a una soluzione di compromesso sostenibile ed accettabile per entrambe le parti. Resta inteso che essa dovrà contribuire a consolidare ulteriormente la stabilità nella regione e a rafforzarne la prospettiva europea.

Intravede altri formati per il Dialogo?

Il Dialogo Belgrado-Pristina è facilitato dall’UE, nella persona dell’Alto Rappresentante. Sosteniamo questo formato che, a dispetto di alcune critiche, ha permesso di ottenere risultati importanti. Detto questo, abbiamo salutato con favore i rinnovati sforzi degli USA per riportare le due parti al tavolo. UE e USA, con il sostegno degli altri Paesi del “Quint”, lavorano da sempre in stretto coordinamento su questo dossier e hanno obiettivi condivisi.

La Serbia andrà a elezioni l’anno prossimo. Come commenta la decisione dell’opposizione di boicottare le elezioni?

Guardi, credo che elezioni “free and fair” siano nell’interesse di tutti, del Governo, dell’opposizione, e soprattutto nell’interesse dei cittadini. Altrettanto dicasi per quanto riguarda la più ampia partecipazione di partiti politici alle prossime consultazioni. Ci attendiamo quindi che l’intero processo elettorale sia in linea con gli standard internazionali e che siano assicurate condizioni idonee per il miglior svolgimento possibile delle elezioni in primavera. Abbiamo registrato con favore l’impegno recentemente mostrato dal Governo a lavorare in tale direzione, anche in virtù dell’interlocuzione con ODIHR, qui in missione in questi giorni, e auspichiamo che vengano varate misure efficaci per un “level playing field”. Ci auguriamo che maggioranza e opposizione raggiungano un’intesa su questi temi, grazie anche al dialogo avviato sotto gli auspici del Parlamento europeo, e che l’Assemblea Nazionale possa tornare ad essere sede di un salutare confronto politico tra i vari partiti.

OTTIMA COLLABORAZIONE NELL’ANNO DEL 140° ANNIVERSARIO DELLE RELAZIONI DIPLOMATICHE

Quest’anno, Italia e Serbia hanno celebrato 140 anni di relazioni diplomatiche e 10 anni di partenariato strategico. Come valuta le relazioni tra i due Paesi? Quali settori sono i più significativi?

Il 2019 è stato un anno importante per i nostri rapporti con la Serbia, Paese che consideriamo fondamentale per gli equilibri nella regione. La visita del Primo Ministro Conte, in primavera, è stato un momento particolarmente significativo che ci ha permesso di rilanciare il dialogo politico ad alto livello con Belgrado. Siamo poi stati il Paese partner alle Fiera Internazionale dell’Agricoltura di Novi Sad con 30 aziende, il nostro export sul mercato serbo rimane più che soddisfacente, le aziende italiane continuano ad investire qui (pochi giorni fa ho inaugurato uno stabilimento del Gruppo Ariston a Svilajnac), rimaniamo il secondo partner commerciale della Serbia. Stiamo lavorando anche per rafforzare la cooperazione nel settore delle infrastrutture e in quello delle nuove tecnologie in cui collaboriamo con partner privati e controparti governative. Alla fine di ottobre abbiamo ricevuto la missione del Ministro dell’Ambiente Sergio Costa che ha permesso di rilanciare la collaborazione bilaterale in un settore cruciale anche per il negoziato di adesione all’UE. Come dicevo, il mese prossimo avremo la visita del Ministro degli Affari Europei, Vincenzo Amendola, per proseguire l’interlocuzione con Belgrado sul negoziato di adesione e temi connessi. Infine, mi ha fatto molto piacere il grande successo riscosso dalle tante iniziative in campo culturale promosse dall’Ambasciata e dall’Istituto Italiano di Cultura in occasione dei 140 anni di relazioni diplomatiche e dei 10 anni di partenariato strategico che abbiamo celebrato quest’anno.

Ci aspettano mesi impegnativi e discussioni difficili, ne siamo consapevoli. Ma siamo qui per aiutare questo Paese a crescere e per dare una chance ai tanti cittadini serbi che, come noi, credono ad un futuro nell’Unione Europea. Noi ci crediamo e voi, cari lettori, non dovete smettere di crederci!

Mentre era ancora al Governo, l’On. Matteo Salvini diceva di voler visitare la Serbia per parlare della cooperazione tra i due Paesi sulla questione migratoria. Ci sono degli sviluppi su questa collaborazione?

Tra i nostri Ministeri dell’interno c’è da tempo una collaborazione molto proficua, che continua anche con il nuovo Governo, non soltanto sul dossier migrazione ma anche in altri settori (scambi di informazioni, tecniche investigative, scuole di formazione). Siamo in costante contatto e seguiamo da vicino gli sviluppi nella regione balcanica. Relativamente al tema migratorio, nonostante la situazione non abbia per ora raggiunto livelli critici, da parte italiana è stata ribadita la necessità di assicurare il nostro sostegno e quello europeo ai Paesi balcanici interessati, inclusa la Serbia, che quindi, anche da questo punto di vista, rimane per l’Italia un Paese “chiave” nella regione. Nell’ottica italiana è importante definire un piano d’azione dell’Unione Europea, che consenta di far fronte ad un eventuale improvviso afflusso di migranti attraverso la rotta balcanica.

 

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