ILUSTROVANA POLITIKA
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LA RISTAMPA DEI DOCUMENTI PUBBLICATI A MILANO NEL 1917 IN UNA RACCOLTA INTITOLATA “PER L’ESERCITO SERBO”, GETTA UNA NUOVA LUCE ALL’EVACUAZIONE DI CIRCA 300.000 SOLDATI SERBI, I LORO PRIGIONIERI E I PROFUGHI DALLA COSTA ALBANESE A CORFÙ
DI M. STAMATOVIC
L’ufficio speciale del Ministero della Regia marina italiana ha pubblicato, nel 1917 a Milano, una raccolta di documenti intitolata “Per l’Esercito serbo”. Da allora, essa scompare senza traccia. E poi ricompare, in una scoperta fortuita della giornalista RAI e scrittrice Mila Mihajlovic, nata a Zrenjanin, fatta nella biblioteca personale, da quindic’anni usata come magazzino per innumerevoli archivi storici e libri.
Il documento è composto da testi ed oltre settanta fotografie, l’unico di cui si sappia l’esistenza sull’evacuazione dei militari e civili serbi dall’Albania – prima in Italia e poi a Corfù. La giornalista ha ritenuto che tale rarità non poteva più essere lasciata giacere nel buio e, aiutata dall’Esercito italiano e dall’erede al trono Aleksandar Karadjordjevic, è riuscita a pubblicare il libro, scritto in italiano e in serbo, con il titolo “Per l’Esercito serbo – una storia dimenticata”.
– La presentazione del libro è avvenuta a Roma, nel palazzo dell’Altare della patria, ai piedi del Monumento al milite ignoto. Vi hanno partecipato i ministri della difesa serbo e italiano, nonché i capi dei due Stati maggiori – spiega la Mihajlovic. – E’ in quest’occasione che l’Italia ha inaugurato le celebrazioni per il 100° anniversario della I guerra mondiale, conferendo un altissimo onore alla Serbia. Non era mai successo che un alleato venisse onorato in tal modo in Italia.
Al Salone internazionale del libro di Torino, a maggio, la pubblicazione è stata eletta “evento dell’anno” per l’editoria italiana. Abbiamo incontrato Mila Mihajlovic in occasione della recente presentazione del testo presso la Casa dell’esercito serbo, in seguito ad una conferenza dell’Accademia serbe delle scienze e dell’arte dove l’autrice aveva parlato del libro ad un pubblico più ristretto.
Sopravvive solo l’anima
All’inizio dell’ottobre 1915 la Serbia fu attaccata da nord, ovest ed est dall’armata congiunta tedesco-austriaco-bulgara comandata dal generale tedesco August von Mackensen. Già il 20 ottobre il ministro degli esteri italiano Sidney Sonnino ammoniva il capo di governo Salandra con un telegramma che “si può aspettare che buona parte dell’esercito serbo, costretta da truppe nemiche di gran lunga superiori in numero, si ritiri in Albania… Se c’è da aiutare, occorre farlo quanto prima, con urgenza”.
A metà dicembre già 60.000 soldati serbi giungevano e si stanziavano tra Medova e Scutari. Dall’altra parte, i serbi ambivano a raggiungere Valona essendoci situato il re Pietro. “Qualcuno potrà mai descrivere le sembianze di quella mole tragica… non ci si può figurare niente di più nero e terrificante… scheletri umani ancor in vita, vittime della lotta contro la colera, cancrena, fame… in essi sopravvive solo l’anima”, ecco la descrizione data da un ufficiale italiano dell’esercito serbo, l’esercito che aveva umiliato le truppe austriache con il generale Potiorek e che rifiutava di arrendersi nonostante la via crucis che tale decisione implicava.
Gli ufficiali italiani annotarono inoltre che il 31 dicembre erano giunti nell’area tra Medova e Durazzo ulteriori 140.000 serbi con 35.000 cavalli, 10.000 capi di bestiame e oltre 100.000 prigionieri e profughi. Il comandante della corazzata Legnani mandò allora un messaggio telegrafico ai propri superiori: “L’ammiraglio inglese (Trowbridge) sostiene sia irrazionale caricare le truppe talmodo numerose sulla nave a Medova e ne declina ogni responsabilità. Afferma di non aver ricevuto nessuna istruzione o ordine in proposito, né dal proprio governo né da quello serbo. Qui nessuno, né le autorità francesi, né quelle inglesi né i serbi, sanno cosa fare. Tutti si rimbalzano la responsabilità l’un l’altro. In una tale situazione, solo noi, italiani, effettuiamo i trasporti.”
Il giorno del Capodanno serbo (14 gennaio 1916) il governo italiano ricevette una nota del governo francese nella quale si sosteneva che “il governo greco… non può permettere all’Esercito serbo di riordinarsi a Corfù.” A quel punto il capo della diplomazia italiana Sonnino inviò una nota di protesta agli ambasciatori dei paesi alleati: “I governi inglese e francese si mettano d’accordo per tempo al fine di garantire le forniture ed i trasporti dell’Esercito serbo da Valona a Corfù.” Ma la confusione andò avanti, facendosi addiritura più grossa quando la Grecia rifiutò le ripetute richieste di accogliere l’Esercito serbo a Corfù, ufficialmente “per motivi amministrativi e sanitari”.
– Quindi, tutto l’onere dell’evacuazione delle truppe serbe, dei civili a seguito e dei progionieri, 24.000 soldati austriaci, ricadde sull’Italia – spiega Mihajlovic. – Nel bel mezzo dell’inverno, quasi l’intero esercito serbo fu trasferito prima dalla costa albanese in Italia e poi, nei mesi successivi, a Corfù.
Come l’operazione Dunkerque
Dal 12 dicembre 1915 al 29 febbraio 1916, quando l’evacuazione fu compiuta, la marina italiana ha evacuato 260.895 soldati e profughi serbi dall’Albania, adoperando 250 vascelli. Furono inoltre trasportati, su altre cento imbarcazioni, 300.000 tonnellate di cibo ed altro materiale e portati in salvo tutti i prigionieri serbi, oltre 10.000 cavalli, 68 cannoni… Solo per questi ultimi furono effettuate 248 traversate. Durante l’evacuazione dell’esercito serbo, l’Italia perse tre vascelli e migliaia di soldati (solo a Durazzo, nel corso dell’evacuazione dell’ultimo gruppo di 1.500 feriti serbi, morirono 800 marinai italiani), ma, secondo quanto riportato dall’agenzia Stefani il 23 febbraio 1916, “nessun serbo perse la vita sul mare”.
– L’impresa eroica della marina italiana è rimasta pressoché sconosciuta, mentre l’operazione può essere paragonata a quel che successe durante la Seconda guerra mondiale a Dunkerque, nel nord della Francia, tra il 25 maggio e il 3 giugno 1940, quando furono evacuati oltro 300.000 soldati inglesi e francesi – racconta Mila Mihajlovic. – Tale operazione fu determinante per la vittoria degli alleati, come lo è stata la nostra, compiuta nell’inverno 1915-1916. Dopo anni di estenuanti combattimenti in trincea, solo l’Esercito serbo, con la campagna del fronte macedone del 15 settembre e gli ulteriori avanzamenti, riuscì in meno di due mesi a portare alla vittoria nella Prima guerra mondiale. Non fosse stato per l’impresa della marina italiana, l’Esercito serbo non sarebbe stato in grado di compiere la propria di imprese. Al contempo, l’evacuazione dei militari e civili serbi anticipa le operazioni umanitarie dei nostri tempi e rimane la più importante e la più complessa operazione di aiuto internazionale e di salvezza di sempre.
foto: Dalla promozione belgradese (da sinistra): del libro hanno parlato l’Ambasciatore italiano a Belgrado Giuseppe Manzo, il direttore dell’Istituto per la storia contemporanea Prof. Momcilo Pavlovic, il capo dell’Ufficio per la storia militare presso l’Istituto per le ricerche strategiche del Ministero della difesa, nonché la curatrice Mila Mihajlovic